Criptovalute e
consumatore: alcune considerazioni in diritto
A cura dell'Avv. Francesca Sutti e dell'Avv. Federich Romby
23 novembre 2017
L'Unione europea ha recentemente affermato di voler procedere a breve a disciplinare le criptovalute, e ciò primariamente al fine di introdurre regole a protezione dell'utente, soprattutto se consumatore.
Ciò, tuttavia, stride con la logica delle criptovalute, dal momento che intacca la rapidità delle transazioni, rapidità che i sistemi tradizionali non possono avere. La stessa BCE ha riconosciuto gli effetti positivi per il consumatore dell'innovazione finanziaria che le criptovalute hanno portato con l'introduzione di sistemi di pagamento alternativi. D'altro canto, l'assenza di regolamentazione espone l'utente a numerosi rischi.
Come noto, molte delle criptovalute iniziano con le cosiddette ICO, Initial Coin Offering, termine certamente evocativo delle IPO, Inital Public Offering. Tuttavia, nella maggioranza delle giurisdizioni, ICO e IPO non sono ritenute soggette alla medesima disciplina. Col che, corretto o meno che sia, si priva l'utente, e in particolare il consumatore, delle penetranti protezioni accordate agli investitori nell'ambito del crowdfunding. Infatti, l'investitore non acquista azioni bensì un token, un gettone, che consente all'acquirente l'accesso al software basato su quella blockchain.
Negli Stati Uniti, ad esempio, la SEC, Security Exchange Commission, ovverosia l'organismo di vigilanza per la collocazione di titoli al pubblico, ha stabilito che in alcuni casi le ICO devono essere soggette alla medesima procedura prevista per le IPO, riservandosi una valutazione caso per caso.
Vi è poi il rischio di rimanere vittima di comportamenti truffaldini, rischio certamente più elevato per un consumatore rispetto a un professionista in ragione dell'asimmetria informativa tra i due. In data 10 agosto 2017, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha imposto sanzioni nei confronti delle società ONE LIFE NETWORK LTD (€ 2.000.000), ONE NETWORK SERVICES LTD (€ 500.000), Easy Life S.r.l. (€ 80.000), nonché nei confronti dei registrants dei siti onecoinsuedtirol.it, onecoinitaliaofficial.it, onecoinitalia.com. (€ 5.000 ciascuno), poiché ha ritenuto illecite le modalità con cui veniva promosso l'acquisto della moneta virtuale OneCoin e dei pacchetti formazione venduti in abbinamento (PS10550 - ONE COIN/ONE NETWORK SERVICES LIMITED – VENDITA PIRAMIDALE).
In particolare, sarebbe risultato che l'attività promozionale fosse incentrata sulla promessa che il consumatore, dopo aver acquistato un pacchetto di formazione, potesse ottenere i OneCoin attraverso un processo mining. Per inciso, l'attività di mining consiste nel partecipare, con l'aiuto di potentissimi computer, al processo decentralizzato di ricerca e mantenimento della traccia delle transazioni nel registro virtuale chiamato blockchain. Asseritamente era stato anche promesso che con l'adesione al programma il Onecoin avrebbe poi incrementato il proprio valore in ragione della sua diffusione.
In realtà pare che la diffusione di OneCoin avvenisse attraverso un sistema di vendita piramidale che premiava le vendite con dei bonus, unica effettiva e reale remunerazione del programma. Oltre che a comportamenti truffaldini, l'assenza di regolamentazione espone più facilmente il consumatore a pratiche non in linea con i principi posti dalla consumer protection.
Al di là poi delle regole che certamente detterà in materia l'Unione europea, una tutela per il consumatore, oggi, esiste già: il Codice del consumo. Anche l'interesse che ha recentemente mostrato l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato verso il fenomeno delle valute virtuali è indice dell'applicabilità di tale disciplina. È in atto un dibattito circa la natura giuridica tanto delle criptovalute quanto dei cosiddetti token. Ci si domanda se essi siano un bene ovvero un servizio. Tuttavia, qualunque sia la sua natura giuridica, quello delle criptovalute è un sistema che viene offerto a tutti, consumatore compreso, normalmente attraverso siti internet. Nella maggioranza dei casi le valute digitali vengono acquistate sui siti di soggetti che si occupano di intermediazione delle criptovalute. Le condizioni generali di vendita online destinate ad applicarsi al consumatore italiano devono pertanto essere conformi a quanto previsto dal Codice del consumo. In caso contrario, il professionista si espone tanto al rischio di essere sanzionato dall'Autorità quanto a quello di essere destinatario di una richiesta di risarcimento danni. Pertanto, per quanto non soggette a specifica disciplina, quantomeno all'interno dell'Unione Europea una regolamentazione di base delle monete virtuali sussiste, ancorché limitata al consumatore.
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